martedì 12 novembre 2013

Intervista ad Andrea Tarquini. 'Non avrei mai immaginato di fare della musica il mio mestiere'



Domani mercoledì 13 novembre al Memo Restaurant di Milano  il chitarrista e cantante Andrea Tarquini presenterà per la prima volta dal vivo a Milano “REDS! Canzoni di Stefano Rosso” che contiene 10 brani del repertorio del cantautore romano Stefano Rosso, asciugati dalle sonorità anni ’70 ed impreziositi da eleganti arrangiamenti legati alla tradizione musicale nordamericana.
  
In quest’album, la voce e la chitarra di Andrea Tarquini fanno rivivere le storie della Trastevere anni ‘70 raccontate da Stefano Rosso nel corso della sua carriera, riportando a galla perle nascoste del cantautore romano, come l’inedito “C’è un vecchio bar”, brano scritto e composto da Stefano Rosso, ma mai inciso.
La Voce ha intervistato l’artista per voi

“REDS! Canzoni di Stefano Rosso” è il tuo ultimo lavoro. Com’è nato?
Molto del merito va a Luigi Grechi De Gregori. Fu lui a spingermi a fare questo disco. Mi diceva "ma insomma! tu suoni bene la chitarra, sei un buon cantante, suonavi con Stefano Rosso, nessuno come te può ‘entrare’ in quel repertorio con la conoscenza ed il rispetto necessari, cosa aspetti a fare un disco?”
Luigi aveva ragione. Da qui pian piano iniziammo a cercare adesioni e pian piano arrivarono. Quella di Paolo Giovenchi che ha prodotto il disco sul piano artistico, e insieme a Paolo abbiamo sottoposto la nostra idea ad Enrico Campanelli che ha realizzato la produzione sul piano esecutivo. A Campanelli l'idea piacque, quando arrivò il suo "via" siamo partiti. La quantità e la qualità delle adesioni artistiche ricevute è stata una cosa inaspettata.
Quindi seppur con molte fatiche tutto è andato come doveva andare, anzi meglio. Posso dire che l'esperienza ed il talento di Giovenchi è stato speculare alla serietà di Campanelli e della Enriproductions ed insieme sono state speculari a loro volta, tanto alla bellezza dei brani che al mio impegno ed alla serietà di chi ha fatto i suoni del disco.

Come mai sei legato alla tradizione musicale nordamericana?
Principalmente perché da piccolo ascoltai alcuni dischi di folk americano, poi quando fui più grande scoprii che Stefano Rosso suonava quel genere musicale oltre a fare le sue canzoni.
Quando smettemmo di suonare insieme proseguii a fare quella musica allargandomi anche verso generi limitrofi, ma fondamentalmente è ciò che ho sempre fatto.

L'intervista continua qui