venerdì 22 febbraio 2013

Intervista ad Antonio Maggio, vincitore di “Sanremo Giovani”





Raccontandosi a La Voce prima di Sanremo, Antonio Maggio aveva rivelato: “Non mi aspetto nulla da quest’esperienza. Per i giovani in gara la vittoria è già essere su quel palco”, e invece dall'avere poche aspettative si è ritrovato vincitore con la canzone “Mi servirebbe sapere”, della quale è anche autoreA sancire la sua vittoria è stato il voto della giuria di qualità, capitanata da Nicola Piovani, che ha consacrato il giovane artista al podio.  

Antonio, ex componente degli Aram Quartet, ha senza dubbio regalato al pubblico esibizioni allegre e sicure, complice anche lo spassoso direttore d’orchestra Massimo Morini che intonava ritmicamente  il verso del ritornello.

La Voce ha raccolto per voi le sue impressioni sul Festival…

“Mi servirebbe sapere”… quali sono state e quali sono le tue emozioni?
Le emozioni sono tante, è stata la realizzazione di un sogno: qualcosa che ho sempre sperato e immaginato fin da piccolo e che da un giorno all'altro è diventato realtà. Una sensazione stranissima! Però è una soddisfazione enorme che mi ripaga di tanti anni di gavetta e sacrifici.

Chi è stato il primo a farti i complimenti?
Il primo a farmi i complimenti… In realtà quando ho preso in mano il telefono ho trovato moltissimi messaggi e il primo non lo ricordo, sinceramente! Ho ricevuto tantissimi dimostrazioni di stima da parte di amici, parenti e addetti ai lavori. Ho avuto tanto affetto attorno a me e ne sono contento.

E il tuo pigmalione, Morgan?
No, ancora non ho avuto modo di sentirlo. Anzi, spero che questa sia un’occasione per riprendere i contatti.

Quale altro artista tra i giovani meritava di vincere? ...


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martedì 19 febbraio 2013

Intervista esclusiva a Marta Lock: "Non mi sento mai così appagata come quando scrivo"




Lizzy , spirito libero e allergica a ogni tipo di relazione, scappa da Londra a causa di un ex fidanzato stalker. Rifugiatasi a Parigi, dove vive ancora l’anziano nonno, scopre che tutte le donne della sua famiglia, la nonna prima e la madre poi, hanno combattuto contro pregiudizi e razzismo in nome dell’amore. E anche lei, superati i blocchi, lo farà.
Desiderio di indipendenza, coraggio, scelte di vita, razzismo e pregiudizio si intrecciano nell’’ultimo romanzo di Marta Lock dal titolo “Ritrovarsi a Parigi”, edizione Albatros.
Classe 1970, Marta nasce a Terni, una  realtà che come mi racconta durante il nostro piacevole pranzo “mi va troppo stretta. Le città piccole vanno bene per chi non ha la curiosità di capire come vive il resto del mondo,  quindi non per me”.
Decide di lasciare la sua città per fare animazione nei villaggi turistici all’estero come ballerina e insegnante di fitness trascorrendo mesi a Djerba, in Messico e a Cuba, paesi dei quali scrive nei suoi romanzi “Notte Tunisina” e “Quell’anno a Cuba”.
“Ho assorbito tutto, ogni esperienza, come una spugna, ma qualcosa mi bloccava. E poi un bel giorno ho avuto il desiderio insopprimibile di scrivere. Non sapevo neanche di avere dentro così tanto. Scrivere mi ha resa consapevole delle mie emozioni. Avevo un grande temperamento artistico che però non trovava mai l’espressione giusta: ho fatto danza, teatro…  Poi ho iniziato a scrivere, e non mi sento mai così appagata come quando scrivo”.

Da  che idea nasce questo libro?
“Questo è libro è nato perché volevo scrivere, in versione romanzata, la storia dei miei nonni a cui sono legatissima. Ho iniziato a scrivere poi la storia è andata avanti da sola! Passato e presente si intrecciano con armonia: la protagonista, Lizzy, si confronta spesso con il nonno che è un presenza importante, poichè ha un blocco emotivo: fugge di continuo dalle relazioni perché ha sofferto dell’abbandono da parte del padre. Si può dire che è un romanzo di formazione perché la protagonista matura nel corso della storia: capisce che non è tutto come sembra, che esistono diverse motivazioni che possono giustificare il comportamento degli altri”.

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martedì 12 febbraio 2013

Intervista esclusiva a Marco Di Noia: “La crisi è la superstar della nostra epoca”




Marco Di Noia , di nome ma non di fatto , anzi è curioso ed eccentrico, ha poco più di 30 anni, disegna, dipinge, scrive poesie e componimenti sin dall’infanzia. Durante gli anni universitari  collabora come giornalista e viaggia on-the-road per l’Europa e si esibisce come interprete solista e front-man di band rock, vincendo un concorso canoro a Cardiff, da unico partecipante non proveniente dall’UK.
Da pochi giorni circola il primo singolo Crisi Superstar, estratto dall’album Marco di Noia.

Il cantante si è raccontato a La Voce.

Dal 1 febbraio 2013 è in rotazione radiofonica  Crisi Superstar. Ne hanno parlato talmente tanto che hai deciso di scrivere una canzone sulla crisi?
La crisi è la superstar della nostra epoca. La parola crisi su Google è seconda solo a Berlusconi. Ora che ci penso, forse ho sbagliato protagonista! Scherzi a parte, la vivo sulla mia pelle e anche i miei amici devo affrontarla ogni giorno, con la mia canzone cerco un po’ di esorcizzarla.
Com’è nato il tuo album?
Ho pubblicato altre canzoni prima come singolo, ma questo il mio primo progetto da cantautore. È un album che accoglie l’esperienza delle altre canzoni. Mi rappresenta in pieno anche grazie al mio coinvolgimento negli arrangiamenti.
Rema! parla della mia visione della vita: mettersi a remare per non affondare, ironico ma con una punta di cronaca relativa a Schettino.
Il Valzer del Cappellaio Matto è riferito appunto al racconto di Lewis Carroll. Mi piace far confluire in alcuni brani parte degli studi universitari incentrati sulla letteratura fantastica.
In Fotosintesi Clorofilliana e Meditazione Zen  esprimo la mia unica e sola ideologia politica: quella ambientalista.
Sulle strade d’inverno tratta lo stesso argomento di Rema! ovvero non smettere di lottare per evitare di andarsene senza lasciare una traccia di sé.
Il Sogno Di Vertunno mira a mettere in circa quattro minuti di musica e parole i quadri del pittore milanese Giuseppe Arcimboldo sugli elementi. La canzone si snoda attraverso l’acqua, la terra - identificata in questo caso da Vertunno, divinità etrusca del cambiamento - l’aria e il sole.

Quando hai iniziato a cantare?...

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giovedì 7 febbraio 2013

Intervista esclusiva ad Antonio Maggio: ‘La musica italiana non è in crisi’




Antonio Maggio nasce a San Pietro Vernotico vicino a Brindisi nel caldo 8 agosto dell’86 e vive a in provincia di Lecce dove, fin da bambino, mostra la sua inclinazione per la musica e il canto in particolare.
Nel 2003 Antonio conosce il grande pubblico con la finalissima del “Festival di Castrocaro Terme – Voci e volti nuovi”, passa per la  Rai come corista nel programma “Oscar TV – Premio Regia Televisiva”.
Dopo una finale nell’Accademia della Canzone di Sanremo, nel 2007, insieme agli amici Antonio Ancora, Michele Cortese e Raffaele Simone, avvia il progetto Aram Quartet, inedita vocal band che, dopo i primi mesi impiegati nella creazione di un proprio progetto, entra a far parte del format televisivo “X Factor”. Il gruppo ne uscirà vincitore con un contratto discografico con Sony BMG.
Dopo il primo singolo da solista, “Inconsolabile”, uscito nel luglio 2011, Antonio si prepara a partecipare alla 63° edizione del Festival di Sanremo nella Sezione Giovani con il brano “Mi servirebbe sapere”.

Quando hai iniziato a cantare?
Ho iniziato da bambino a casa. A 2 anni cantavo le sigle delle trasmissioni televisive di “Quelli delle notte…” e “Indietro tutta” per la gioia di mamma e papà!

X-Factor ti ha lanciato. Cosa ti ha lasciato quest’esperienza?
È stata un’esperienza davvero bellissima, considerando anche l’esito cioè i due dischi ed il tour in giro per l’Italia con gli Aram Quartet. Posso dire che grazie a X-Factor abbiamo potuto vivere il nostro sogno, anche se poi è arrivata la decisione di separarci.

Leo Longanesi  diceva “L'arte è un appello al quale molti rispondono senza essere chiamati”. Non pensi che il proliferare di reality e talent degli ultimi anni confermi questa citazione?
Ai provini si presentano migliaia di giovani che magari hanno un sogno nel cassetto però sono poco dotati. Quindi sì, posso dire di essere d’accordo.
Anche se secondo me fare il giudice è terribile! Io non saprei mai scegliere 20 persone sulle 20 mila che si presentano.

Cosa ti aspetti dal Festival di Sanremo?
Cosa mi aspetto? Nulla! Penso che la gara vera sia tra i Big e che per i Giovani il grande successo sia già salire su quel palco.

Hai qualche rito scaramantico prima di esibirti?...

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