giovedì 27 giugno 2013

kuTso, che musica! Intervista al gruppo musicale kuTso



Eccoli, sono i kuTso. Come si legge, direte voi? Non sarà mica come… E invece sì, avete indovinato. Si pronuncia proprio come la parolaccia che non si dovrebbe dire. Ma loro vogliono sdoganare ogni tabù.
La band rivelazione Indie-Rock di Roma, che ha pubblicato recentemente l’album “DECADENDO (su un materasso sporco)”, è composta da Matteo Gabbianelli (vox), Luca Amendola (basso/vox), Donatello Giorgi (chitarra/vox), Simone Bravi (batteria/vox).
Stravaganti e divertenti, La Voce ha intervistato per voi Matteo Gabbianelli, voce del gruppo.
Parlatemi dell’origine del vostro nome, come l’avete scelto?
Innanzitutto... Sai come si pronuncia? (ride,ndr). Era il modo in cui lasciavo la mia traccia sui banchi al liceo. Quando è nato all’inizio era un gioco, poi è rimasto per anni, quindi perché no? All’inizio non avevamo un intento provocatorio, ma ci faceva solo sorridere, sebbene abbia fatto storcere il naso a qualche addetto ai lavori.
Ci piace avere un nome che elimini i tabù! E iniziando così l’intervista in questo modo, con kuTso, tutto il resto è in discesa! (ride, ndr)
Avete recentemente pubblicato “Decadendo (su un materasso sporco)”. Come è nato questo disco?
Il disco contiene 12 brani che riassumono il nostro lavoro in una arco temporale di 7 anni. Non abbiamo mai avuto l’esigenza di fare un disco, anche perché siamo figli del nostro tempo: l’album ha perso di significato per la gente che ne fruisce. Per noi non era importante autoprodurci un disco, l’avremmo fatto solo se una  struttura si fosse occupata dei costi e della produzione. L’abbiamo trovata e abbiamo capito che per far partire la promozione doveva esserci un’uscita.
Da molti anni componiamo registriamo e mettiamo on line, ormai ci sono più di 30 canzoni che girano!

Quando avete cominciato a fare musica?
Ci siamo conosciuti grazie alla musica! Suoniamo da anni ognuno per conto proprio, il progetto l’ho creato io: è iniziato parallelo ad altre cose, finché è diventato la più importante. Ho trovato persone serie e professionali come meche hanno sposato questa causa.

Con quali artisti vi piacerebbe collaborare?
Noi vantiamo già una serie di collaborazioni scaturite da amicizie che abbiamo nel mondo della musica come Fabrizio Moro, Pierluigi dei Velvet, i Nobraino… Abbiamo giocato sul brano “Aiutatemi!”: l’’abbiamo reso un gioco dove abbiamo coinvolto diversi artisti e ognuno ha contribuito.
Per il resto, non ho miti e non sono un fanatico della musica...

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mercoledì 26 giugno 2013

Intervista Ekat Bork, l’artista russa che canta la vita





Ekat Bork è una cantautrice russa dall'anima rock con influenze elettroniche. A 16 anni abbandona la famiglia e parte da sola per San Pietroburgo dove comincia a cantare le proprie canzoni per le strade. Nel 2007 si trasferisce prima in Svizzera e poi in Italia, dove ha modo di conoscere nuovi mondi musicali e di arrivare alla creazione del suo album d'esordio, “Veramellious”.
Occhi chiari, capelli biondi, Ekat (al secolo Ekaterina Borkova) sembra uscita da un mondo di fiabe dove lei è indubbiamente la principessa. Dai suoi brani emerge il prepotente desiderio di creare l’irreale forse perché a volte anche lei,  come accade a molti di noi, ha il desiderio di evadere da una realtà da cui ci sentiamo sopraffatti.

La Voce ha raccolto le sue impressioni dopo l’uscita dell’album.

“Veramellious” è il tuo album di esordio. Quando hai capito che volevi fare musica?
 Sognavo questo momento da quando ero piccola. Un giorno la mia nonnina mi mise in piedi su una sedia e mi chiese di cantare per  i suoi ospiti. Quella sedia oggi è diventata il mio palco.
Poi da piccola non avevamo tanti soldi per comprare i dischi e non c’erano né televisione, né radio. Non avevo praticamente nessun punto di riferimento, questo mi ha permesso di tenere la mente libera. Conoscevo solo la musica classica e la musica folkloristica russa. Invece quando sono arrivata qui ho scoperto tutto un altro mondo.

Vuoi parlarci un po’ dei brani del tuo album?
Il titolo del mio album “Veramellious” nasce da un mio errore d’italiano. Lo faccio sempre. Invece di dire “meraviglioso”, dico “ veramiglioso”. Poi con un tocco di creatività, messo in inglese (marvelous) darebbe “Veravelous” e latinizzato per renderlo più fiabesco diventa infine “veramellious” che rispecchia perfettamente il tema del mio album.
Nelle mie canzoni mi piace raccontare la vita e i sogni dove ogni uno di noi può specchiarsi. Affronto  anche temi seri come la fame e la povertà, il bisogno d’affetto, il desiderio di libertà, il sogno e l’evasione dalla realtà, la passione e l’amore, la rabbia e la ribellione, la speranza, l’accettazione di noi stessi e delle nostre debolezze.

Quanto ha influito il tuo vissuto personale sul tuo modo di fare musica?
 Quando vivi una vita dove devi farti da sola forse hai più cose tue da raccontare.

Pensi che la bellezza possa aiutare a emergere nel tuo settore?
Certamente può aiutare, ma da sola non basta. È sicuramente più importante la bellezza interiore, anche se purtroppo nella società odierna spesso conta più l’apparire dell’essere.


Apprezzi la musica italiana? Quale artista in particolare?...

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giovedì 20 giugno 2013

Intervista alla band Herman Medrano and The Groovy Monkeys



Presente nella scena musicale veneta da quasi  vent'anni, Herman Medrano è conosciuto per le sue rime graffianti in dialetto padovan-veneziano. 
Con gli anni non ha mai cambiato il suo approccio, ma ha via via consolidato la sua materia e ispessito la voce, non solo per raccontare come siamo fatti, ma soprattutto per denunciare il marcio che caratterizza molti strati della società contemporanea. Forse è proprio la sua critica attuale e frizzante che lo rende unico e sempreverde; le sue provocazioni in rima, condite da un tagliente umorismo ed ironiche osservazioni, muovono la folla conquistando il pubblico dei cultori dell'hip-hop e non. 
Herman Medrano and The Groovy Monkeys nascono nel 2009 dall’incontro tra il cantante veneto e sette musicisti provenienti da contesti differenti, che danno vita a un mix di sonorità funky, rock e reggae. La band è composta da: Herman Medrano (voce), Diego Graziani (chitarra), Alessandro Lughi (Hammond, piano, synth), Leonardo Ardillica (tromba e cori), Yuri Argentino (sax),  DJ Tech (turntables), Enrico Millozzi (basso), Ugo Ruggiero (batteria). Dopo quasi due anni di tour, che ha toccato varie località del Veneto con oltre 60 concerti, gennaio 2012 vede la pubblicazione del loro primo album, Simie, un doppio cd live che riassume il live show della band.
NOSECONOSSEMO, edito da La Grande Onda e distribuito da Audioglobe, è il primo album di inediti della band veneta, in cui il gusto sagace di Herman Medrano si incontra e si arricchisce del sound fresco dei Groovy Monkeys, dando vita ad un mix di sonorità funky, rock e reggae.

Abbiamo intervistato Herman Medrano, la voce del gruppo.

Herman, di recente è uscito il vostro album NOSECONOSSEMO. Com’è nato questo lavoro?
E’ nato in un anno di duro lavoro e divertimento, tra sale prova e concerti, tra cene e registrazioni casalinghe, è un disco fatto con il cuore. Dopo tre anni di concerti abbiamo messo le basi per un lavoro organico e strutturato. NOSECONOSSEMO significa “non ci conosciamo”, è il momento di fare conoscenza.

Come vi è venuto in mente di scrivere testi rap in veneto?
Perché è la mia lingua, la parlo tutti i giorni da sempre. È la naturale evoluzione della mia passione per il rap, dove in testi articolati riesco a coniugare la nostra realtà con il linguaggio più adatto a descriverla. L’italiano manca dei termini coloriti della nostra lingua, non arriva altrettanto diretto.


Il vostro album tratta varie tematiche  sociali ma in particolare è un inno alla conoscenza. Come mai?...

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lunedì 3 giugno 2013

"Se non cambiamo le carte in tavola, nessuno lo farà al posto nostro". Intervista al cantante e autore Jacopo Ratini


La prima impressione che si ha su Jacopo Ratini è che sicuramente è un tipo un po’ sui generis, nonostante l’aria da rocker che ai tempi del liceo mi avrebbe fatto sbavare nei corridoi.

Appassionato di musica sin di piccolo, Jacopo inizia a fare della sua passione un mestiere nel 2008.
Disturbi di personalità, il suo ultimo album, prodotto dall’Etichetta Atmosferica Dischi, sono composto da 11 brani in chiave “pop d’autore”, con musiche divertenti, ballabili e testi schietti, diretti e riflessivi, che oscillano tra il sociale, l’ironico e l’intimista. Per la parte grafica, ha affidato le sue idee al geniale pennello di Marino d’Amore (già autore delle vignette ironiche del suo libro Se rinasco voglio essere Yoko Ono) che ha raffigurato, sulle dita di una mano, i personaggi rappresentanti vari disturbi di personalità: il depresso, il killer antisociale, l’esibizionista, l’uomo affetto da personalità multipla (Napoleone) e sul pollice, in ultimo, la caricatura di Jacopo Ratini che li guarda impaurito ed esterrefatto.
Cantautore, scrittore di poesie e racconti, Jacopo appare subito un ragazzo ricco di sfaccettature che sono curiosa di conoscere.
Leggete cosa mi ha raccontato…

Jacopo, parliamo di musica, una delle tue passioni. Nel 2010 hai partecipato a Sanremo con una canzone d’amore intitolata Su questa panchina.  Cosa ci puoi raccontare di questa esperienza?
Sicuramente è stata una bella esperienza da un punto di vista artistico e anche formativo perché comunque pur essendo autore e scrittore, la mia massima ambizione era il Festival di Sanremo, ho sempre avuto il pallino.
Nel bene e nel male, con tutte le voci positive o negative intorno a questo evento resta la manifestazione più importante della musica italiana. Per me sin da piccolo era un sogno che poi si è avverato e quando i sogni li vivi, conosci tutto anche i retroscena. È un’esperienza che rifarei, poiché la considero positiva nel complesso.

Mi ha colpito molto un tuo brano Studiare, Lavoro, Pensione e poi Muoio. Ce la godiamo poco?
Sicuramente il messaggio è che stavo sbagliando strada. La mia pancia, il mio cuore e la mia testa erano in contraddizione. Io lavoravo in un ufficio 8-9 ore al giorno, facevo selezione del personale (Jacopo è laureato in psicologia del lavoro, e si nota anche dalla sua abilità nell’aggirare l’ultima domanda, ndr) e la mia anima aveva preso un’altra strada. Dico infatti “farò la rock star quando sarò in pensione” perché pensavo che avrei fatto l’artista solo dopo. Era ingabbiata in un ruolo che poi è la vita quotidiana, siamo tutti costretti a fare cose che non ci piacciono, ma vanno fatte.
Una volta si studiava per avere un lavoro migliore, una pensione e avviarsi alla fine della vita. Oggi invece si studia tanto, per lavorare... Poco, la pensione chissà chi la vedrà. Solo la morte è rimasta una certezza!
Ma se non cambiamo le carte in tavola, nessuno lo farà al posto nostro.


Hai collaborato con Claudia Koll curando la colonna sonora del suo musical Vacanze Romane. Hai avuto modo di conoscerla?...

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