mercoledì 26 giugno 2013

Intervista Ekat Bork, l’artista russa che canta la vita





Ekat Bork è una cantautrice russa dall'anima rock con influenze elettroniche. A 16 anni abbandona la famiglia e parte da sola per San Pietroburgo dove comincia a cantare le proprie canzoni per le strade. Nel 2007 si trasferisce prima in Svizzera e poi in Italia, dove ha modo di conoscere nuovi mondi musicali e di arrivare alla creazione del suo album d'esordio, “Veramellious”.
Occhi chiari, capelli biondi, Ekat (al secolo Ekaterina Borkova) sembra uscita da un mondo di fiabe dove lei è indubbiamente la principessa. Dai suoi brani emerge il prepotente desiderio di creare l’irreale forse perché a volte anche lei,  come accade a molti di noi, ha il desiderio di evadere da una realtà da cui ci sentiamo sopraffatti.

La Voce ha raccolto le sue impressioni dopo l’uscita dell’album.

“Veramellious” è il tuo album di esordio. Quando hai capito che volevi fare musica?
 Sognavo questo momento da quando ero piccola. Un giorno la mia nonnina mi mise in piedi su una sedia e mi chiese di cantare per  i suoi ospiti. Quella sedia oggi è diventata il mio palco.
Poi da piccola non avevamo tanti soldi per comprare i dischi e non c’erano né televisione, né radio. Non avevo praticamente nessun punto di riferimento, questo mi ha permesso di tenere la mente libera. Conoscevo solo la musica classica e la musica folkloristica russa. Invece quando sono arrivata qui ho scoperto tutto un altro mondo.

Vuoi parlarci un po’ dei brani del tuo album?
Il titolo del mio album “Veramellious” nasce da un mio errore d’italiano. Lo faccio sempre. Invece di dire “meraviglioso”, dico “ veramiglioso”. Poi con un tocco di creatività, messo in inglese (marvelous) darebbe “Veravelous” e latinizzato per renderlo più fiabesco diventa infine “veramellious” che rispecchia perfettamente il tema del mio album.
Nelle mie canzoni mi piace raccontare la vita e i sogni dove ogni uno di noi può specchiarsi. Affronto  anche temi seri come la fame e la povertà, il bisogno d’affetto, il desiderio di libertà, il sogno e l’evasione dalla realtà, la passione e l’amore, la rabbia e la ribellione, la speranza, l’accettazione di noi stessi e delle nostre debolezze.

Quanto ha influito il tuo vissuto personale sul tuo modo di fare musica?
 Quando vivi una vita dove devi farti da sola forse hai più cose tue da raccontare.

Pensi che la bellezza possa aiutare a emergere nel tuo settore?
Certamente può aiutare, ma da sola non basta. È sicuramente più importante la bellezza interiore, anche se purtroppo nella società odierna spesso conta più l’apparire dell’essere.


Apprezzi la musica italiana? Quale artista in particolare?...

L'intervista continua qui

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