Ekat Bork è una cantautrice russa
dall'anima rock con influenze elettroniche. A 16 anni abbandona la
famiglia e parte da sola per San Pietroburgo dove comincia a cantare
le proprie canzoni per le strade. Nel 2007 si trasferisce prima in Svizzera e
poi in Italia, dove ha modo di conoscere nuovi mondi musicali e di arrivare
alla creazione del suo album d'esordio, “Veramellious”.
Occhi chiari, capelli biondi,
Ekat (al secolo Ekaterina
Borkova) sembra uscita da un mondo di fiabe dove lei è indubbiamente la
principessa. Dai suoi brani emerge il prepotente desiderio di creare l’irreale
forse perché a volte anche lei, come
accade a molti di noi, ha il desiderio di evadere da una realtà da cui ci
sentiamo sopraffatti.
La Voce ha raccolto le sue impressioni dopo l’uscita
dell’album.
“Veramellious”
è il tuo album di esordio. Quando hai capito che volevi fare musica?
Sognavo questo momento da
quando ero piccola. Un giorno la mia nonnina mi mise in piedi su una sedia e mi
chiese di cantare per i suoi ospiti.
Quella sedia oggi è diventata il mio palco.
Poi da piccola non avevamo tanti soldi per comprare i dischi e non
c’erano né televisione, né radio. Non avevo praticamente nessun punto di
riferimento, questo mi ha permesso di tenere la mente libera. Conoscevo solo la
musica classica e la musica folkloristica russa. Invece quando sono arrivata
qui ho scoperto tutto un altro mondo.
Vuoi parlarci
un po’ dei brani del tuo album?
Il titolo del mio album “Veramellious” nasce da un mio errore d’italiano.
Lo faccio sempre. Invece di dire “meraviglioso”, dico “ veramiglioso”. Poi con
un tocco di creatività, messo in inglese (marvelous) darebbe “Veravelous” e
latinizzato per renderlo più fiabesco diventa infine “veramellious” che rispecchia
perfettamente il tema del mio album.
Nelle mie canzoni mi piace raccontare la vita e i sogni dove ogni
uno di noi può specchiarsi. Affronto anche temi seri come la fame e la povertà, il
bisogno d’affetto, il desiderio di libertà, il sogno e l’evasione dalla
realtà, la passione e l’amore, la rabbia e la ribellione, la speranza,
l’accettazione di noi stessi e delle nostre debolezze.
Quanto ha
influito il tuo vissuto personale sul tuo modo di fare musica?
Quando vivi una vita dove
devi farti da sola forse hai più cose tue da raccontare.
Pensi che la
bellezza possa aiutare a emergere nel tuo settore?
Certamente può aiutare, ma da sola non basta. È sicuramente più
importante la bellezza interiore, anche se purtroppo nella società odierna spesso
conta più l’apparire dell’essere.
Apprezzi la
musica italiana? Quale artista in particolare?...
L'intervista continua qui
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