Attrice, modella, popstar, e anche
pittrice. Questa è Amanda Lear, che ieri ha inaugurato alla "Milano
Art Gallery Spazio Culturale" la sua mostra “Visioni” organizzata dal manager Salvo Nugnes Direttore di Promoter
Arte.
Affascinante, poliedrica, Amanda
ha fatto perno sull'ambiguità per far parlare di sé, diventando così una delle
icone gay più acclamate.
In un abito nero, che l’avvolge facendo esaltare il suo fisico asciutto e
scattante, Amanda ha occhi magnetici che ipnotizzano l’interlocutore.
Il mondo della Lear si riflette
nelle sue opere, che sono l'intima visione di una donna di fama internazionale,
lo stile unico e inconfondibile ha come fondamento portante l’originalità di
una pittura, che ama uscire dagli schemi tradizionali.
Si va dall'atmosfera da sogno di Paysage all'ironia di Angelo custode dalle forme femminili e
con ali di pastello e profilattici. Non mancano i ritratti
-tra cui quello di Jimi Hendrix, con cui
la Lear ha vissuto per un breve periodo – e nudi di donna.
Dalla sua pittura emerge l’Amanda
che non conosciamo, che non si palesa mai. Accantonata l’immagine di donna
forte e spumeggiante, la tela rivela il suo animo fragile e complesso in una
visione onirica.
“Mi vergogno quando devo esporre i miei quadri” - ha confessato -“Divento improvvisamente timida perché realizzo che tutti possono
giudicarmi. E' come fare leggere a tutti il proprio diario segreto, perché attraverso
la pittura esprimo tutte le mie emozioni”.
“Non sto cercando di passare alla storia, certo sarebbe bello ma… Nel
mondo dello spettacolo non penso di aver lasciato un segno indelebile”
Preferisce lasciare un segno con l’arte, quindi?
“Voilà, assolutamente! Il mio lavoro è stressante: si sta sempre in
mezzo alla gente e alla confusione, ho molti colleghi che si drogano, vanno in
analisi o fanno l’uncinetto… Io invece
dipingo perché penso che la pittura aiuti a stare bene. Puoi esprimere
tutte le emozioni: rabbia, frustrazione, violenza, sesso, libidine. È come una
catarsi. Tenere tutto dentro fa male!
Ho visitato l’ospedale psichiatrico dove era rinchiuso Van Gogh e ho
visto che i pazienti disegnano e dipingono. Riescono a esprimere sulla carta il
disagio che provano, le emozioni che hanno: organizzo tutti gli anni una mostra
dei loro quadri
Mi rendo conto che sto molto meglio da quando dipingo e ancora di più
da quando faccio teatro: calandomi nei panni di un personaggio do voce ad
emozioni che non sapevo neanche di avere. (L’artista si sta preparando al
debutto di “Divina”, una commedia in cui interpreta una diva della tv in declino,
ndr)”
È vero che la solitudine non la spaventa?
“Adoro la solitudine. Il panico da tela bianca assale anche me, ma
passato quel momento inizio a creare, sola con la mia arte...
L'intervista continua qui
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