«Essere potenti è come essere una donna. Se hai bisogno di dimostrarlo vuol dire che non lo sei.»
Così diceva al Times quella che i Russi avevano soprannominato Lady di Ferro per il suo forte temperamento, Margaret Thatcher.
Impossibile non sentire parlare di lei in questo periodo, dato il grande successo che sta riscuotendo al cinema l’attrice Meryl Streep con il film The Iron Lady, candidato all’Oscar.
Margaret Hilda Roberts vede la luce il 13 ottobre 1925 a Grantham, nel Lincolnshire, in una famiglia di rigidi principi cattolici che la immerge fin dalla più tenera età nel clima politico: suo padre, droghiere, era sindaco.
Laureatasi in Chimica all’Università di Oxford, si dedica per qualche anno all’attività di ricercatrice per poi scegliere di consacrarsi completamente alla politica.
Dopo essersi candidata per il Partito Conservatore – nonostante la sconfitta portò molti voti al partito – sposerà Denis Thatcher, dal quale prese il cognome che la rese celebre e con cui ebbe due figli gemelli.
Nel 1959 venne eletta alla Camera dei Comuni e la vittoria dei Conservatori nel 1970 le valse la carica di Ministro dell’Istruzione che ricoprì per quattro anni.
Divenne in seguito leader del partito conservatore, il quale sfruttò a proprio vantaggio la situazione di scioperi e disoccupazioni per ottenere la maggioranza alla Camera dei Comuni. La Thatcher venne eletta Primo Ministro, la prima donna a ricoprire questa carica per tre mandati e periodo in cui attuò diversi cambiamenti in Inghilterra.
Per prima cosa si impegnò a risollevare la crisi economica della nazione e affrontò l’Argentina che rivendicava le Isole Falkland, occupandole militarmente. Il successo dell’operazione militare incrementò lo spirito patriottico degli inglesi e le valse la rinomina.
Il secondo mandato fu dedicato ad affrontare i sindacati. La lotta durò diversi mesi con costi umani alti e mise fine per sempre all’era degli scioperi in Gran Bretagna.
Nel 1984 Margaret fu obiettivo di un attentato a Brighton da parte di alcuni estremisti irlandesi dell’IRA, ne uscì illesa ma ci furono comunque cinque vittime.
In questo periodo strinse uno stretto rapporto con gli Stati Uniti, sostenendo la politica aggressiva del presidente Ronald Reagan nella Guerra Fredda.
Inizia nel 1987 il suo terzo e ultimo mandato durante il quale si dedicò a problemi ambientali come il riscaldamento globale e il buco dell’ozono.
In politica estera, si oppose alla creazione dell’Unione Europea, questione che provocò una spaccatura nel partito. Scambiando fermezza con ostinazione, introdusse la pall tax, una tassa uguale per ogni residente del Regno Unito. Scelta che la rese impopolare, tanto da avviarla verso il declino.
Le elezioni del 1990 vennero vinte dal Ministro dell’Economia John Major che le succedette in qualità di Primo Ministro e la Lady di Ferro fu costretta ad abbandonare la propria residenza. In seguito si ritirò quasi completamente dalla vita pubblica, soprattutto a causa dei suoi problemi di salute, poiché vittima del morbo di Alzheimer.
Basandosi sull’idea che “la società non esiste. Ci sono solo individui, uomini e donne”, pose l’individuo in quanto tale al centro della sua politica, che fu la politica del patriottismo, del lavoro, del risparmio, proprio come le aveva insegnato suo padre. Fu una dei pochi conservatori a favore dell’aborto e al mantenimento della pena di morte.
Nonostante le critiche che le sono state rivolte, talvolta legittime, sicuramente con la sua risolutezza ha dato una svolta a un paese come la Gran Bretagna.
Non si poteva dubitare che cosa volesse e cosa fosse decisa a fare per ottenerlo. Come lei stessa affermò «Quando cominci un lavoro, quello che conta è farlo fino in fondo». E se questo era ciò cui auspicava, si può dire senza dubbio che, nel bene o nel male, ci è riuscita.
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